– Silvia Cogo e Gianni Faccin in dialogo –
Redazione: Ho notato che è stata accolta con molto piacere in LIBRARSI LIBERI (1) una copia del tuo elaborato (2) con cui hai concluso il tuo percorso di studi universitari. In sintesi di che si tratta?
Autrice: L’oggetto del mio lavoro, a cui tengo molto, è il tema delle seconde generazioni, ossia i figli di immigrati nati e cresciuti qui da noi. In particolare ho approfondito i temi riguardanti la condizione giuridica, lo stato di figli di persone straniere e la crescita-formazione dell’identità in un contesto multiculturale.
R.: Quali sono le ragioni che ti hanno portato ad approfondire questi argomenti?
A.: Sono molteplici. Principalmente perché sono temi di estrema attualità a livello pubblico e politico. Si evidenzia un riconoscimento mancato che non è solo normativo, ma che si riflette sulla vita quotidiana dei figli di stranieri, etichettati e quindi trattati come diversi, altri.
R.: Mi pare ti senta coinvolta direttamente …
A.: Certo. C’è anche una mia vicinanza personale al tema: penso ai compagni di scuola, ai colleghi universitari, ai bambini della comunità di accoglienza in cui lavoro, a quanto il loro aspetto fisico e la provenienza dei loro genitori li mettano troppo spesso in situazioni disagevoli e comportino un mancato riconoscimento di diritti che a me sono sempre stati garantiti.
R.: Che cosa ti ha aiutato di più in questa narrazione?
A.: Di sicuro l’entusiasmo che ho sentito dentro di me rispetto all’idea, poi praticata, di intervistare personalmente i giovani destinatari dell’indagine, lasciando loro tutto lo spazio necessario di esprimersi e raccontarsi.
R.: Come è strutturato, in breve, l’elaborato?
A.: Nel primo capitolo ci sono i concetti relativi a definizioni di seconde generazioni e i dati statistici inerenti alla situazione italiana, nonché una presentazione del quadro normativo interno verso l’acquisizione della cittadinanza e altri aspetti riguardanti i problemi pratici vissuti dagli stranieri e alle iniziative di movimenti e associazioni in favore di una modifica legislativa. Segue un secondo capitolo che affronta tre questioni fondamentali: il problema dell’”identità” secondo le teorie principali (prospettiva psicanalitica, sociologica, antropologica e costrutti biculturale e di auto-identificazione); il distinguo esperienziale tra “prima” e “seconda” generazione di immigrati; per finire il tema dei fattori di rischio e di protezione che condizionano il processo di crescita in ambito multiculturale e il ruolo della scuola nella formazione dell’identità.
R.: Silvia, mi rendo conto che dovremmo dedicare più spazio a questa narrazione. Ti chiedo: oggi che cosa significa essere una persona di seconda generazione?
A.: La caratteristica principale di essere persone di seconda generazione è la “duplicità”. Sono i cosiddetti “figli altrove” che si trovano esattamente a metà tra due mondi, due culture: quella italiana e quella della famiglia di origine. Questo può essere facilmente fonte di ambiguità e di confusione.
R.: Non c’è anche qualcosa di positivo in ciò?
A.: Senz’altro. Visto come crescita personale. Ci sono studi, come quello di Benet-Martinez (3), che dimostrano che gli individui biculturali, se consapevoli di ciò, sanno più facilmente gestire situazioni di ambiguità e confusione culturale.
R.: Lo dici con fermezza …
A.: Infatti c’è una bellezza nell’essere biculturali. È una preziosa opportunità di crescita. Pensiamo alla fierezza di rappresentare la cultura d’origine e portarne avanti i valori e le tradizioni; alla sensazione di essere parte di una comunità unita; ai vantaggi derivanti dalla conoscenza e pratica di due lingue e di due culture …
R.: Tu dici che c’è più apertura?
A.: Non solo. C’è maggior flessibilità e apertura mentale, ma anche più propensione allo spostamento e più capacità di “essere ponte” tra famiglia e società, in pratica tra famiglia di origine e italiani.

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R.: Torniamo alle cosiddette “seconde generazioni”. Puoi dirci qualcosa di più sul significato e sull’impatto nel nostro Paese?
A.: La definizione di seconde generazioni è ancora dibattuta tra gli studiosi, ma, facendo riferimento alla categorizzazione di Rumbaut, “appartenenza decimale” del 1994 (4), si può dire che esse siano costituite da persone nate e cresciute nel paese di immigrazione dei genitori. Come riportato dai dati Istat, in Italia le seconde generazioni costituiscono da diversi anni una componente importante della popolazione: nel 2019 i nati stranieri sono stati 65.444, quasi il 15% del totale delle nascite. Il Rapporto Annuale Istat del 2018 definisce le seconde generazioni “una popolazione di grande interesse per le politiche sociali” e, riferendosi al 2016, annovera una popolazione di 870mila nati stranieri: si parla oggi di quasi 1 milione di persone …
R.: … e …
A.: … e nonostante ciò, la legge italiana si basa ancora sul principio dello ius sanguinis, secondo il quale un individuo ottiene la cittadinanza italiana in modo automatico solo se almeno un genitore la possiede.
R.: Ci sarà una legge specifica al riguardo …
A.: Sì. È la Legge 91 del 1992, art. 4, che detta i requisiti per l’ottenimento della cittadinanza italiana da parte di uno straniero nato in Italia, che deve dimostrare la continuità di residenza e compilare una specifica domanda entro un anno dal compimento della maggiore età. Una legge che, evidentemente, non è in linea con la realtà attuale: il dibattito pubblico è acceso e incentrato sulla possibilità di adottare il principio dello ius soli, l’acquisizione automatica della cittadinanza per coloro che nascono in territorio italiano, o perlomeno dello ius culturae, che prevede il riconoscimento della cittadinanza a chi conclude almeno un ciclo di studi in Italia. Risultare cittadini stranieri, infatti, preclude numerose opportunità: i diritti civili in primis, la partecipazione a concorsi pubblici, la possibilità di viaggiare all’estero per motivi di studio, lavoro o per partecipare a gare sportive internazionali, per non parlare nelle numerose problematiche burocratiche legate al rinnovo del permesso di soggiorno, necessario fino all’ottenimento della cittadinanza stessa.
R.: Chiaro. Quali sono state le domande che ti sei rivolta per sviluppare questo interessante lavoro?
A.: Dopo aver analizzato a livello teorico i processi di formazione dell’identità in contesto multiculturale, la domanda che ha guidato il mio lavoro di ricerca è stata: i ragazzi e le ragazze di seconda generazione riescono a costruire, nel corso del tempo, un’identità stabile? Come conciliano due culture così diverse?
R.: Con quali modalità e strumenti ti sei rivolta ai protagonisti?
A.: Per rispondere alle domande ho utilizzato lo strumento dell’intervista semi-strutturata, che ha permesso di narrare l’esperienza dei partecipanti attraverso la loro voce. I dati raccolti hanno perlopiù confermato le supposizioni teoriche. Crescere in contesto multiculturale è certamente fonte di difficoltà, riguardanti soprattutto: la problematicità nell’auto-identificazione e nella collocazione della propria appartenenza, soprattutto in fase adolescenziale (Sono italiano? Sono nigeriano? Sono tutti e due?); la delicatezza della scoperta delle proprie radici e della storia famigliare, spesso dolorosa e quindi taciuta; lo stare “in mezzo” a modi di vivere e di pensare completamente differenti; la complessità di alcune situazioni famigliari; lo scontro tra modelli educativi culturalmente diversi e l’irrigidimento educativo dei genitori; il peso delle aspettative familiari sulla propria realizzazione – quasi un riscatto per molti genitori; la mancanza di un reale supporto scolastico da parte della famiglie; infine, tutte le micro-aggressioni, le discriminazioni subite e i vissuti di esclusione e misconoscimento.
R.: Silvia, concludiamo questo mini-percorso sulla multiculturalità che abbiamo approfondito grazie al tuo lavoro. Concludi tu con parole tue, e grazie in anticipo dell’aiuto che ci dai.
A.: Concludendo, si può dire che il processo di crescita avviene più facilmente a determinate condizioni: se, da una parte, la famiglia accetta l’italianità dei ragazzi e, dall’altra, il contesto esterno (a partire dalla scuola e dalle altre agenzie educative), accoglie la loro peculiarità: quella di essere ragazzi italianissimi, come tutti gli altri, con delle origini diverse che non devono essere ignorate nella retorica dell’uguaglianza ma valorizzate per ciò che sono. La strada si prospetta in salita, ma il desiderio delle seconde generazioni di raccontarsi e rivendicare i propri diritti, assieme al supporto di coloro che credono fermamente nella loro causa, saranno gli elementi chiave del progressivo riconoscimento di questi giovani italiani.
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Ringraziamo Silvia Cogo, educatrice, che ci ha permesso di inaugurare la rubrica “Dialoghi” nel nostro blog culturale. Ricordiamo che il suo elaborato è a disposizione presso LIBRARSI LIBERI, libroteca del Gsm San Giorgio Odv di Schio (Vi), associazione con la quale collaboriamo per consulenza, eventi ed iniziative culturali.

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Foto: Foto di repertorio da https://www.facebook.com/silvia.cogo.97
Immagini: in evidenza Multucultural by Pixabay
Note: (1) LIBRARSI LIBERI è la libroteca curata da Gsm San Giorgio Odv – sede presso Casa del Giovane a Poleo di Schio (Vi) via Falgare 35, primo piano; (2) Tesi di laurea in Scienze dell’Educazione presso Università di Verona: “Crescere in contesto multiculturale – la voce dei protagonisti” – laurenda: Silvia Cogo; (3) Veronica Benet-Martinez: Professoressa associata al Dipertimento di Psicologia presso University of California at Davis, 1996; (4) Rubén G. Rumbaut è un importante sociologo cubano-americano e uno dei massimi esperti di immigrazione e reinsediamento di rifugiati negli Stati Uniti.
Riferimenti: NovitàinLettera n. 172 del 20 aprile 2023 (https://www.gsmsangiorgio.com/category/novita-in-lettera/)